Mundìne al canìcio di Piastròn 1873

Dal libro di Pietro Duranti

Mundìne al canìcio di Piastròn nel 1873 

 

…..A cena , in casa Duranti, si accennò alla battitura e pulitura delle castagne, della pulitura dei contenitori in legno (casce) in cui veniva pigiata energicamente la farina di castagne: così pressata, si mantiene per lungo tempo.   Dopo cena data la temperatura un po’ rigida, si ritrovarono tutti seduti intorno al gran fuoco di ciocchi nell’essicatore delle castagne con la promessa di Felice, di fare, prima di andare a letto, le caldarroste (mundìne) con vino frizzante. Erano intervenute anche persone del vicinato e giovani e giovinette, seduti accanto alla propria simpatia. I frizzi, gli scherzi e le conseguenti risate erano d’uso. I giovani tentavano la manomorta, con risultati non sempre incoraggianti. I volti erano tutti arrossati dal riverbero della fiamma e le gambe, specie quelle delle donne e dei bambini, non protette, bisognava spostarle di sovente onde evitare arrossamenti eccessivi.  Ad un certo punto Il signor Felice (nonno di Pietro e padre di Giandò) si assentò e ricomparve con la padella grande da caldarroste ricolma di castagne scelte, con manico molto lungo ed un gancio all’attacco del manico con la padella. Il gancio veniva inserito in uno degli anelli della catena sospesa sopra il gran fuoco, in modo da poter far ballare le castagne dentro la padella forata, così da abbrustolire in modo uniforme.   Nonno Felice aveva portato anche due fiaschi di vino ed una buona scorta di bicchieri. I convenuti invocarono come operatore delle caldarroste Gino, un anziano notoriamente ritenuto eccellente caldarrostaio. Gino agganciò la padella alla catena e cominciò a far ballare le castagne senza farne cadere nemmeno una. Nell’essiccatoio (canìcio) c’era una temperatura elevata e ognuno tentava di difendersi come meglio poteva. Le chiacchiere si intrecciavano in un cicaleccio indescrivibile e l’allegria era regina. I genitori di Teresa (moglie novella di Pietro) erano eccitati e la stessa Teresa a fianco del suo Pietro era visibilmente eccitata e contentissima nel vedere i suoi genitori (di Carignano come lei) così immedesimati nella brigata. Intanto Gino veniva sottoposto ad un fuoco di fila di domande e di richiami, ma lui era sordo a tutto e al massimo diceva :<< lo so io quando sono pronte>> e non ammetteva discussioni: era lui e solo lui il deus ex machina, volenti o nolenti. Ad un tratto e all’ultima spulata Gino quasi gridò:<<ci siamo!>> e con tutte le precauzioni sganciò la padella dalla catena adagiandola sull’impiantito………Le bucce venivano lasciate cadere sul pavimento: poi, finita la festa , sarebbero state spazzate e bruciate. A ciascuno fu dato un bicchiere . Molti sbucciavano le caldarroste e le mettevano dentro i bicchieri colmi di vino, cosicchè acquistavano una squisitezza da amatori….Si toccò così chiacchierando la mezzanotte e le persone cominciarono ad allontanarsi dopo aver salutato i restanti……..”Buona notte!” risposero allontanandosi a lume di lanterna……