La famiglia Don Pietri detta

“ I Piastròn”

 

Di   PIETRO  DURANTI       

 

 La storia che stiamo per raccontare ha inizio la sera del 30 settembre 1873 nella piccola frazione di Cecina di Fivizzano (MS). Frazione abbarbicata sul cocuzzolo di una collinetta, rivestita a nord da castagneti e a sud da oliveti, pergolati, lavorata a terrazze, sostenute da muri a secco; la loro costruzione si perde nel tempo. Ma la specifica caratteristica che la distingue dalle altre frazioni di Fivizzano è costituita dal campanile fiancheggiato da un enorme cipresso, alto più del campanile, che a coloro che sopraggiungono al paese danno l’impressione di due giganti a sentinella della chiesa; poiché l’uno, il campanile’ è sul fianco destro della chiesa e l’altro, il cipresso, sulla sinistra. E’ uno scenario unico che si disegna, in lontananza, sui contrafforti del monte Sagro, oltre la vallata del torrente Bàrdine.

Sulla facciata della chiesa vi sono tre sculture in rilievo in lastre di marmo, rappresentanti : S.Giovanni Evangelista, patrono del paese, S. Rocco e la Madonna con il Bambino.  

Le sculture riportano la data del 1630.            

Le case del paese mostrano l’usura del tempo: sbrecciate, umidicce,intonaci ammuffiti; i tetti sono ricoperti quasi tutti di lastre di ardesia.  La chiesa ha all’esterno, per l’ampiezza della facciata, un muricciolo alto un metro e 30; agli angoli del recinto e di fianco all’ingresso centrale  vi sono piramidi terminanti in coni sui quali insistono palle di calcare di una certa consistenza. Sui muriccioli laterali siedono, nei giorni sereni, i vecchi e i bambini; quelli raccontano le loro storie vissute e questi stanno ad ascoltare quando non hanno meglio da fare.  Sul lato destro della chiesa si stende un grande piazzale in terra battuta. Un tempo era il cimitero ma Napoleone Bonaparte, imperatore dei Francesi , (con l'editto di Saint Cloud emanato il 12 giugno 1804 ed esteso al Regno d'Italia il 5 settembre 1806)  ritenne giustamente opportuno trasferire il cimitero sulla collinetta antistante, ove tuttora si trova.   Oggi il paese non è più quello dell’epoca in cui è ambientata la nostra vicenda. A seguito del terremoto del 1922 le case, per la maggior parte lesionate e sconquassate , sono state risistemate e i tetti ricoperti con tegole: così dalle colline sovrastanti si vedono alcuni tetti rossicci tra la maggioranza di grigi d’ardesia. Anche  il piazzale ha preso un nuovo aspetto dopo la guerra 1915-18 ; per la magnanimità del sig. Fabbricotti di Carrara, sul lato di ponente del piazzale , all’estremità, è stato eretto (nel 1925) un monumento in marmo ai caduti della prima guerra mondiale e riporta i nomi dei caduti. A nord- ovest il piazzale è sorretto da un muro sgretolato, nascosto alla radice dalle erbacce, sul quale si innalzano frondose e rigogliose piante di acacia che abbracciano il cielo per tutta la lunghezza del piazzale stesso.  Il monumento è composto da cinque blocchi di marmo a scalare, sormontati da una colonna, pure in marmo, terminante in una croce iscritta in un cerchio, anch’esso di marmo; il monumento è circondato da una inferriata in ferro battuto, sorretta agli angoli da quattro pilastrini in muratura.

 

(L’autore ci racconta il gioco de “ la bàla al tech’io n’tl piazàlo“ o palla al balzo )

 

All’epoca del nostro racconto non vi era (nel piazzale) alcun monumento né piante di acacia: era solo uno spiazzo ove i ragazzi giocavano e durante la bella stagione, specie nelle giornate festive, i giovani giocavano a palla (a la bàla ndr) , con palle fatte di filo di lana ricoperte a spicchi con tomaia di 15-16 cm di circonferenza. Si lanciava(col detto:l'è su) la palla sul tetto spiovente della casa prospiciente il piazzale (la cà d' Dario) e nella sua caduta la squadra avversaria doveva colpire la palla(al volo o al primo balzo) lanciandola nella parte opposta : se questa cadeva in terra e non era respinta durante il primo balzo, veniva segnato un punteggio alla squadra avversaria: 15-30-45, punto. Naturalmente il punto veniva assegnato alla squadra che per prima superava il 45. Poi si ricominciava daccapo. Fatto il punto, le squadre si davano il cambio: chi era sottotetto passava al lancio della palla sul tetto.   Era un gioco avvincente e le donne e i bambini assistevano con entusiasmo parteggiando per l’una o l’altra squadra . I vecchi erano larghi di critiche per entrambe le squadre…………………