Monumento ai caduti 1915-1918

Monumento caduti di Cecina "15-18
Monumento caduti di Cecina "15-18

Di : Pietro Duranti

 

Monumento di Cecina

 

Monumento ai caduti della guerra 1915-1918 

 Il monumento è stato posizionato nel 1925 

      

Il nonno Pietro fu preso dalle idee lanciate dal nuovo partito “dei fasci di combattimento”, i cui iscritti erano chiamati fascisti, e non mancava mai alle sedute tenute in “sezione” dove tutti, uno più ignorante dell’altro, dicevano castronerie a non finire. Come si sa tra tante castronerie, ogni tanto, spuntavano anche delle idee buone e degne di rispetto.   In quel tempo, tra una bravata e l’altra, successe che il paese di Cecina ebbe gratis il proprio monumento ai caduti della guerra 1915 – 1918 .                                               

Com’è questa storia?

La voglio raccontare, tanto è assurda e ridicola e mi fa ridere quando mi viene in mente.   Due schiaffi  ben dati; due calci nei paesi bassi; due nerbate assestate ed ecco fatto il monumento! E poi non bisogna ridere! Uno splendido monumento tutto in marmo, formato da quattro blocchi a piramide, sormontato da una colonna pure in marmo, che sorregge una croce racchiusa in una circonferenza, pure in marmo. I martiri onorati per mezzo di due calci, due schiaffi dati lì per strada : così, senza tante storie ed eccoti il monumento.   Ma andiamo adagio, perché cosi non vi raccapezzerete un gran che. A Carrara esisteva e forse esiste ancora, la via Carriona. Che cosa era la via Carriona? La strada polverosa e bianca che serpeggiando dalle vallate delle Alpi Apuane viene bel bello giù giù sino a Carrara, la sorpassa e muore a Marina di Carrara, presso il molo. La strada del marmo : interminabili file di buoi bianchi dalle corna enormi dondolanti al passo sicuro e cadenzato, trainanti enormi blocchi di marmo; marmo in cammino, anzi all’inizio del lungo viaggio per il mondo. I carri giungevano uno dietro l’altro in uno stridio di freni, di schiocchi di frusta, di grida, di urla, di richiami e si perdeva, la processione, superata Carrara, per il vialone, là verso Marina. Una, due, tre, quattro, cinque e più coppie di buoi, aggiogate allo stesso carro, trainavano lentamente, in una nube di mosche e di tafani, blocchi che davano il senso esatto del peso e della mole. Le funi, i cavi attaccati ai gioghi erano tese allo spasimo. I gioghi si affossavano nelle giogaie delle povere bestie, ammassando paurosamente la carne sulla groppa e si curvavano, i buoi, sotto lo sforzo immane , nel superare qualche buca, qualche asperità della strada. Le fruste sibilavano e i pungoli si incuneavano nelle carni fumanti ed accaldate lasciandovi segni rossastri e strisce sanguigne. Giorno per giorno passavano le carovane di carri, vuoti nel salire al monte e carichi, pesanti, cigolanti nel scendere al mare, nello sboccato parlare, carrarese, sazio di fatica , di pane e cipolla. Quando passavano i carri la strada era ostruita, ingombrata da essi: il traffico estraneo al marmo si faceva difficile ed incerto e seguito dalle imprecazioni e dalle bestemmie dei boari. In un momento di non transito dei carri per il marmo , se ne veniva su per la Carriona , a cavallo del suo mulo rossiccio, piccolo di statura, ma vivo, energico, impaziente, ombroso il signor Ulisse. Era stato al mercato di Carrara per vendere della verdura ed ora, calando il sole verso ponente si era messo in cammino per rientrare a Cecina. Ma ecco sopraggiungere i carri trainati dalle pariglie di buoi. Già se ne sente il cigolare, il traballare, il grido dei conducenti. E’ meglio levarsi di mezzo- pensa il signor Ulisse – e alla prima traversa cerca di scantonare ma, paffete, si trova improvvisamente davanti un cavallo da sella che, ombrando, si impenna e scaraventa nella polvere il cavaliere. Questi, rizzatosi impolverato, umiliato nell’orgoglio, senza dir parola agguanta per un braccio il signor Ulisse, te lo tira giù da cavallo e gli dà due sonori ceffoni, seguiti da due pedate nei paesi bassi. Il signor Ulisse reagisce e allora ci scappano anche qualche nerbata e qualche cosa di più; ma il cavaliere (Sig. Fabricotti), padrone di mezzo territorio e di grandi fattorie , oltre che di cave di marmo, si comporta da padrone del mondo : monta a cavallo e se ne va. La cosa si volge in politica. Il cavaliere è inviso ai fascisti, forse per i suoi troppi quattrini, che non vuol mollare per la causa : infatti non è iscritto al Partito Fascista e questa cosa  è risaputa da tutti i fascisti. Il signor Ulisse è originario di Cecina ; ed ecco la grana: ha picchiato un fascista! Reclami, lettere e la cosa, da piccola si ingrandisce: la verità si altera, si trasforma. Federazione – Sezione. Sezione – Federazione. Un bel giorno il signor cavaliere viene convocato in Federazione: viene minacciato e invitato a sistemare la cosa nel modo migliore. Il cavaliere si era già pentito più dei suoi peccati, ma ormai era in ballo e bisognava ballare anche se la ballerina era brutta e non sapeva ballare! In poche parole, dopo varie sedute, varie bevute, varie mangiate, l’accordo era stato raggiunto: il cavaliere avrebbe chiesto scusa al signor Ulisse Bini – e, ironia, il principe si inchina al villano! e avrebbe in un gesto altamente patriottico e magnanimo, offerto alla borgata di Cecina un monumento per onorare i caduti della guerra 1915 – 1918; monumento da lungo tempo promesso dalla Federazione fascista ma mai realizzato. Alla inaugurazione sarebbe intervenuto il cavaliere, che avrebbe ricevuto anche la tessera del partito fascista.                            

(E così avvenne l’inaugurazione) Il cavaliere e il Signor Ulisse si abbracciarono e ridendo dissero: “La cosa doveva essere fatta, dati i risultati ottenuti “ e si abbracciarono di nuovo. ..Il monumento faceva bella mostra di sé in cima alla piazza e pareva che sorridesse, contento, ringraziando quelle due pedate che lo avevano innalzato nel sole togliendolo dall’abbandono in cui giaceva smembrato da anni in una semidiroccata tettoia alle falde delle Apuane…..La sera scese placida sul paese felice e soddisfatto: i paesani si accorsero di avere un eroe in più, il signor Ulisse, che non tralasciava occasione, da quel giorno, per ricordare che per il monumento bisognava ringraziare i suoi “paesi bassi”: cosa che lo rendeva giustamente orgoglioso.