Canzòn al fogolàro

Cimitero di Marciaso

 

(continua) <<Signor Bombarda, ci volete lasciare così poco soddisfatti ? E’ presto: non sono nemmeno le dieci e un’altra storia ci starebbe bene>>. <<Si, si, un’altra storia>> dissero altre donne e molti bambini. Bombarda ne fu lusingato e fece cenno al sig. Felice che gli allungasse un altro bicchiere di vino. Poi cominciò: << Veramente ci sarebbe da raccontare ciò che mi è successo una notte al cimitero di Marciaso, ma forse è meglio lasciar perdere: non vorrei che questi bambini e questi ragazzi poi non dormissero questa notte>>. <<E chi s e ne frega? Peggio per loro! Chi non vuol sentire se ne vada. Per un peccatore non deve andare a fondo la barca…>>. <<Ma che c’entra la barca? Insomma sig. Bombarda : tutti vi pregano di raccontarci cosa vi è successo al cimitero di Marciaso. Allora ?>>. <<Allora… non mi resta che iniziare.     Era una notte così buia che uno non vedeva neppure il proprio naso ed io, come al solito, avevo fatto tardi all’osteria in compagnia di alcuni conoscenti di Marciaso. Quando l’osteria chiuse gli amici mi salutarono con un “Ciao, ciao!” e se ne andarono a casa. Io, uscito dal paese, mi incamminai verso il cimitero perché di lì passava l’unica strada che mi portava a casa. Avanzavo spedito, se così si può dire, con gli occhi attaccati alle scarpe. Prendo la salito sotto il cimitero e alzo lo sguardo verso il cancello. Mi blocco di colpo. Che vedo? Chiudo due otre volte rapidamente gli occhi e guardo. Li richiudo rapidamente tante volte, li riapro e che vedo? Il sangue mi corse veloce per tutto il corpo, seguito da un serpeggiare di freddo per la schiena. Tremo. Sono fermo come un sasso ma continuo a vedere ciò che non vorrei vedere: un incappato, pervaso da una luce strana, con una mantellina rossa, che porta una enorme croce di legno. Cammina lentamente, è scalzo e guarda per terra. Ora cammina verso l’interno del cimitero, lungo il vialetto centrale e mi volta le spalle. Io sono inchiodato al suolo, sono di sale e sudo abbondantemente. Ora è arrivato alla cappella: si gira lentamente e viene verso il cancello, cioè nella mia direzione. Il terrore mi prende violento. Vorrei urlare ma dalla gola esce soltanto vento, aria, fiato muto. Vorrei scappare ma le gambe si rifiutano di muoversi. Quello si avvicina e porta la croce con gran difficoltà, barcolla ogni tanto e dà l’impressione che da un momento all’altro cada per terra. Ora è al cancello. Stacca una mano dalla croce e mi fa cenno con la mano di avvicinarmi. Io non mi muovo perché le gambe non mi obbediscono più: sono terrorizzato. Quello continua a chiamarmi con la mano. Pare si stia arrabbiando….Prende una banda del cancello con la mano libera e tira…tira…. Si sente un gemito, come uno stridìo che aumenta sempre più e il cancello cede….si apre…. Io sono morto….non sento più nulla…..non vedo più nulla. Mi sono afflosciato per terra: sono morto stecchito. Uno mi scuote violentemente, chiedendomi cosa stessi facendo lì per terra a quell’ora di notte. “ Chi sei? Chi sei?” continuo a chiedere istupidito. “Sono Albè del Borgo, non mi conosci? Ma tu che fai qui per terra come una bodda? Che ti è successo?>>. Poco alla volta riemergo dal nulla….La mente funziona…..” Non sono morto? “ Chiedo con ansia. “Ma che morto un corno! Che sei ammattito?” “Si sono matto”balbetto.   Albè del Borgo è ancora vivo e può far fade….caro giovincello incredulo come San Tommaso>>. La gente riunita accolse le ultime parole di Bombarda con un”Oh…!” prolungato di approvazione e di soddisfazione. Quella sera i ferri per le calze e le rocche fecero pochi affari……