Mulino ad acqua e componenti

 

Le componenti di un mulino ad acqua

 

Il mulino a ruota orizzontale, schematicamente, è azionato dalla caduta dell'acqua sulle pale o cucchiai

che, sotto la spinta della forza idraulica entrano in movimento e fanno ruotare, attraverso l'asse verticale di collegamento, la macina superiore sull'inferiore fissa, determinando la frantumazione dei cereali e la loro riduzione in farina. I cereali cadono nel foro al centro della macina da un contenitore appeso superiormente, la farina esce dalle macine e cade sul piano della cella di molitura.

Passiamo ora a descrivere le componenti essenziali della macchina-mulino, nelle sue strutture esterne ed interne.

L'albero e il ritrecine

L'albero e la ruota a pale erano collocate al centro di un ambiente seminterrato con soffitto voltato e due aperture poste una di fronte all'altra per l'entrata e la fuoruscita dell'acqua. L'acqua necessaria a muovere la ruota orizzontale era deviata da fiumi o torrenti tramite opere di canalizzazione (.......)

e raccolta in invasi o bacini artificiali (gora), a volte molto complessi, costruiti a monte dell'edificio, dai quali, regolata con paratoie o chiuse, l'acqua confluiva in un condotto di legno (canala, canalèta) in forte pendenza e sboccava acquistando forza direttamente sulle pale della ruota. I condotti erano costruiti con tre assi ricavate da un tronco di castagno, ed avevano una forma tronco-conica, restringendosi in un ivito alla fine del percorso per conferire maggior potenza all'acqua. Le canale erano dotate di un sistema di chiusura-apertura, una sorta di tappo rudimentale

in legno azionato direttamente dal vano di macinatura mediante una trasmissione a stanga per regolare l'afflusso o il deflusso dell'acqua.

L'albero del ritrecine (rodèlo) era costruito utilizzando un unico tronco di quercia, nella sua parte inferiore, il mozzo, si praticavano delle fenditure verticali in cui alloggiavano a incastro, fissate con zeppe(taiòle), le pale a forma di cucchiaio (còpi). Il mozzo era suddiviso in quattro quadranti, ogni quadrante portava da tre a quattro pale così la struttura complessiva risultava composta da dodici o sedici pale. Per la costruzione delle pale del ritrecine si preferiva usare il legno di ontano (anìdan, legnatàn) considerato migliore per la sua resistenza all'acqua, ma anche di altre essenze arboree come quercia e cerro; il mugnaio sbozzava e scavava un pezzo squadrato di legno con asce ricurve a manico corto (sgorbia) e per ottenere la giusta curvatura delle pale ( che hanno forma simile a un quarto di sfera) segnava il pezzo aiutandosi con una sagoma di legno collocata sul blocco stesso.

La parte superiore dell'albero terminava con un asse verticale di trasmissione in ferro (palo) che

attraversando il pavimento del mulino e la macina inferiore fissa, si collegava ad incastro con la macina superiore mobile.Tutta la struttura formata dall'albero e dalla ruota appoggiava su una trave orizzontale (banchina) per mezzo di un perno verticale (puntaròlo) fissato all'estremità inferiore dell'albero ed inserito nella bronzina (ròla, rolèta) una piastra in ferro alloggiata al centro della banchina. Un dispositivo, spesso formato da una stanga di legno, (alzatoio) azionato da una leva (oppure da un volantino o da una maniglia) collocata nella cella di molitura, consentiva di sollevare o abbassasre la banchina, e conseguentemente l'albero di trasmissionee la macina superiore, permettendo al mugnaio di regolare la distanza tra le due macine e quindi ottenere una farina più o meno fine (dare il grosoo o il fine).

Le macine

Le macine erano poste nella cella di molitura, un apposito spazio delimitato lateralmente da una parete di muratura o di un tramezzo di legno e frontalmente chiuso da sportelli di legno o tende per evitare la dispersione della farina nell'ambiente. La macina superiore(mola) ruotava su quella inferiore fissa(cèp, cepo) per mezzo dell'albero verticale di trasmissione , innestato e mosso da ruota orizzontale con cucchiai che ricevevano l'acqua. La parte superiore dell'albero, dopo aver attraversato la volta del seminterrato e un pezzo di legno cilindrico, collocato a mo' di cuscinetto nel foro della macina inferiore , era fissata ad incastro, per mezzo di una traversa in ferro a forma di farfalla (marla) in un apposito incavo al centro della macina superiore. Le superfici lavoranti (o facce interne) delle macine erano attraversate in senso radiale da solchi o scanalature che conferivano alla superficie la rugosità necessaria per poter trattenere più a lungo il prodotto da macinare e nello steso tempo favorivano la fuoruscita della farina.

Le macine erano costruite dagli scalpellini che le ricavavano da pietre opportunamente scelte e selezionate, rispondenti a requisiti di durezza e facile lavorabilità. Secondo fonti orali, le macine da castagne, che necessitavano di una macinazione molto sottile, si ricavavano comunemente da massi di arenaria locale estratti dalle cave o dai banchi fluviali; per le macine da grano e cereali inferiori, in alcune località si utilizzava una pietra proveniente dalla val di Vara.

Per meglio distribuire i grani o le castagne da macinare tra le due facce delle macine, i mugnai inserivano nel foro centrale (boca o bochèta) della macina superiore, due listelli di legno sottile e flessibile oppure alcune bacchette di vetrice o di saggina collocandoli a croce (vitaròl).

La farina si raccoglieva sulla parte basamentale della cella e per indirizzare la caduta le macine erano circondate da una fascia in legno o lamiera con una sola uscita.

La tramoggia

I prodotti da macinare erano gettati nella tramoggia, una cassa di legno di forma tronco-piramidale rovesciata, appesa perpendicolarmente ad un telaio di legno al di sopra della macina. L tramoggia aveva due aperture, una nella parte superiore per il carico delle granaglie, l'altra più piccola nella parte inferiore dalla quale il grano, il granturco o le castagne scendevano attraverso un condotto a forma di cassettina (bocadòra), fissata alla tramoggia con corde, verso il foro centrale, o bocca, della macina. La caduta dei prodotti era regolata da una tavoletta (bàtola), fissata alla cassetta, che scendeva a lambire il piano della macina. Il movimento della macina, per attrito , imprimeva alla tavoletta e quindi alla cassetta una vibrazione continua che determinava e regolava la caduta costante e continua dei cereali.