ROGAZIONI

 

Mentre gli "ecomusei" attendono ancora di essere attivati

 

Dai "musei diffusi" una opportunità culturale e turistica per il territorio

di Andreino Fabiani

 

Chi dei più anzian non ricorda le cantilenanti implorazioni che accompagnavano il cammino verso le maestà? " A fulgure tempestate...a peste, fame et bello", diceva ad alta voce il prete, in un comprensibile latino, e la gente rispondeva: "Libera nos, Domine".

Erano le rogazioni, che si svolgevano in primavera, di buon mattino, per benedire i campi e chiedere protezione sui raccolti: la processione partiva dalla chiesa, per raggiungere le "maestà", collocate nelle strade del paese, "affisse ai muri delle case o anche poste in cappelle e tabernacoli campestri" lungo i sentieri.

Erano ancora i tempi, non molto lontani, poi, della civiltà contadina, quando "la fede era bella senza li dubbi e senza li perchè", come scriveva il poeta Trilussa.

Ora questa forma di preghiera è scomparsa; forse l'unica parrocchia a conservare la tradizione è quella di Monzone, dove, ogni anno, in tre luoghi diversi, don Guido Ceci alza la croce rivolgendosi ai quattro punti cardinali, per chiedere aiuto e pace per il paese : " Ut pacem nobis dones", " Te rogamus, audi nos".

Ma se le rogazioni sno scomparse, le maestà sono rimaste, quasi tutte. In Lunigiana ce ne sono più di 2000, censite-per volontà della Comunità Montana e col sostegno della

Regione e degli Enti locali – e scientificamente studiate da Caterina Rapetti. Fondamentale per la loro conoscenza è il suo testo "Preghiere di pietra. Le maestà della Lunigiana tra il XV e il XIX secolo", pubblicato nel 1992.

Di esse, nelle valli del Rosaro, dell'Aulella e del Lucido (e del Bardine), "permangono ricche testimonianze, al punto che proprio da queste valli potrebbe iniziare un'ideale storia delle maestà lunigianesi, che lì, prima che altrove, si sono diffuse nei secoli XV e XVI".

Chi vuole approfondire questi temi, non fa che leggersi il libro citato. A noi, ora, preme solo motivare l'importanza delle maestà ai fini di un possibile utilizzo turistico-culturale, o anche solo di consapevolezza identitaria dei Fivizzanesi. A risvegliare un interesse di questo tipo è stata una recente conferenza organizzata dalla associazione " Dal libro alla solidarietà", presso la sala Loris Jacopo Bononi di Fivizzano. L'ha tenuta il prof. Davide Lambruschi sul tema :" L'esperienza del museo diffuso a Carrara ", basata su un sistema organizzativo che prevede itinerari di visita per ammirare e conoscere le maestà e per approfondire il loro significato artistico e culturale.

Se di soddisfazione sono i giudizi che a Carrara vengono espressi sul "museo diffuso", quanto migliori potrebberoessere i risultati per Fivizzano, se venissero creati percorsi storico-artistico-religiosi nei paesi e nei sentieri che ospitano le "icone di pietra" .

Sarebbe l'occasione buona per recuperare qualche vecchio sentiero, olter che per restaurare e valorizzare e valorizzare queste piccole sculture in marmo, ma ancora di più per scoprire o riscoprire pezzi interessanti della storia e dello "spirito" dei propri luoghi.